\paperw8895 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 La pace di Cambrai (1529), pur non ponendo fine al conflitto tra la Francia e gli Asburgo, le cui successive fasi per≥ interesse
ranno in grado assai minore lÆItalia, aveva espulso la Francia dalla penisola (fatta eccezione per il ducato di Savoia che sarα occupato nel 1536 da Francesco I) e aveva sanzionato il predominio della Spagna. AllÆincoronazione di Bologna tutti i principi
italiani fecero omaggio allÆimperatore, compresa la Repubblica di Venezia, che dovette sgombrare, in favore del papa Clemente VII, i porti pugliesi e le cittα romagnole che deteneva. Ormai Carlo V agiva da padrone nella penisola: nel 1532 concedeva ad A
lessandro deÆ Medici, che il suo intervento due anni prima aveva restaurato nel governo di Firenze, il titolo di duca; nel 1535, alla morte di Francesco II Sforza, respinse ogni progetto di Francesco I per un ritorno indiretto della Francia in Lombardia
annettendo direttamente al proprio dominio il ducato di Milano. Il predominio della Spagna sullÆItalia divenne ancora pi∙ assoluto per la ripresa delle ostilitα con la Francia, giacchΘ lÆalleanza stretta da Francesco I con Solimano il Magnifico fece cade
re le ultime remore e perplessitα dallÆanimo dei principi italiani nei confronti della Spagna: il nuovo pontefice Paolo III (1534-49) fu costretto a reagire a tale patto con gli infedeli e la stessa Venezia, per il bisogno di porre un argine allÆavanzant
e marea ottomana, non poteva dimenticare che Carlo V nel 1535 aveva portato a buon fine la spedizione dellÆisola di Gerba e di Tunisi e comprese che era giunto il momento di abbandonare il proprio tradizionale antagonismo con gli Asburgo. Anche la crisi
provocata a Firenze dallÆuccisione del duca Alessandro ad opera del cugino e compagno di dissolutezze Lorenzino (gennaio 1537) si risolse in un rafforzamento del predominio indiretto di Carlo V su Firenze: il favore imperiale chiuse immediatamente la cri
si imponendo al governo del ducato il figlio di Giovanni dalle Bande Nere, Cosimo I, ma fu pagato con la cessione della fortezza che dominava la cittα alle truppe spagnole, che vi si manterranno per alcuni anni, e con unÆalleanza che meglio sarebbe chiam
are duro vassallaggio. I fuoriusciti fiorentini che, come Filippo Strozzi, si erano illusi di poter rientrare nella cittα con le armi in pugno e con il favore francese furono battuti e in buona parte catturati a Montemurlo, non lontano da Prato.\par
Non
che mancasse, soprattutto negli ultimi anni del regno di Carlo V, qualche incrinatura nel predominio spagnolo: lasciando da parte la congiura che nel 1547 provoc≥ lÆuccisione del duca di Parma e Piacenza Pier Luigi Farnese, poichΘ fu congiura non antisp
agnola e in massima parte effetto della politica e delle ambizioni personali del governatore di Milano Ferrante Gonzaga, qui basterα ricordare la troppo visionaria congiura del senese, ma gonfaloniere lucchese, Francesco Burlamacchi nel 1546, quella ordi
ta dai Fieschi a Genova contro Andrea e Giannettino Doria (1547), il moto isolato della Lunigiana e lÆinsurrezione dei napoletani contro il vicerΘ don Pedro de Toledo, che voleva introdurre lÆInquisizione spagnola (1547), infine la rivolta fomentata in C
orsica da Sampiero Ornano di Bastelica contro il dominio genovese e, grazie allÆappoggio di una flotta franco-turca (1553), la rivolta della Repubblica di Siena contro la guarnigione imperiale; ma si tratt≥ quasi sempre di ribellioni incapaci di mettere
in crisi la soliditα del dominio spagnolo. Francesco Burlamacchi sal∞ il patibolo a Milano, i Fieschi fallirono nella loro insurrezione e dovettero riparare in Francia, nellÆaprile 1555 Siena dovette capitolare alle truppe di Cosimo deÆ Medici e sparire
per sempre come repubblica indipendente. Solo la Corsica, ottima base di operazioni navali per la flotta franco-turca operante nel Tirreno, rest≥ dal 1553 al 1559 non soggetta a Genova.\par
Nemmeno nel settore religioso, come pur avveniva in altre parti
del suo vasto impero, Carlo V trov≥ in Italia forti legami tra istanze religiose e rivendicazioni politiche. La Riforma luterana e il calvinismo non conobbero nella penisola quel carattere di netta opposizione al potere del principe: i centri maggiori d
ei nuclei riformatori furono Napoli, con Juan ValdΘs e il predicatore (senese di nascita) Bernardino Ochino; Ferrara, grazie alla presenza della duchessa Renata di Francia; Lucca, con Pier Martire Vermigli e Celio Secondo Curione. A sΘ stava, per ovvi mo
tivi di potenza e di geloso giurisdizionalismo, il caso di Venezia e della sua terraferma, che giα nel 1525 aveva ospitato non pochi profughi trentino-tirolesi che, fallita lÆinsurrezione di M. Gaismayr, vi si erano rifugiati diffondendo lÆanabattismo. I
l terreno era fertile, sia per il fenomeno culturale che sÆirradiava dallÆuniversitα di Padova, sia per la possibilitα di continui contatti con le correnti dÆoltralpe grazie allÆincessante flusso di viaggiatori e mercanti stranieri; comunque nel Veneto s
i ebbe una diffusione delle nuove idee tanto di tipo aristocratico-colto (Pier Paolo Vergerio), quanto di tipo popolare (gruppi di anabattisti, costituitisi soprattutto nel ceto artigianale). Infine lÆantica Chiesa valdese ader∞ alla Riforma nel 1532.
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In complesso, dunque, la Riforma in Italia fu un fenomeno di minoranze; la penisola, invece, intorno alla metα del secolo 16░, divenne la roccaforte della reazione a Lutero e a Calvino e della Controriforma cattolica. Non che lÆItalia della fine del s
ecolo 15░ e degli inizi del 16░ non avesse conosciuto grosse spinte riformatrici nel campo religioso: Savonarola non solo aveva retto Firenze in nome di Cristo re e denunciato la simonia della curia e il papa Alessandro VI, ma, dopo la sua tragica scompa
rsa, aveva lasciato dietro di sΘ un retaggio di aspirazioni, di idealitα e di esigenze, che saranno, per es., ben visibili nella Repubblica di Lucca, e costituiranno come unÆaspirazione ideale che unirα insieme tanti fenomeni, dalla rivolta degli stracci
oni del 1531-32 alla congiura antispagnola e antimedicea di Francesco Burlamacchi; meno legata alla politica, pi∙ aderente al mondo della pietα e della preghiera, la Riforma cattolica fece la sua prima comparsa in Italia nel 1464 con la fondazione a Vice
nza dellÆOratorio di S. Girolamo a opera di Bernardino da Feltre e nel 1497 a Genova dellÆOratorio del Divino Amore, creato da Ettore Vernazza e influenzato da s. Caterina da Genova. Questo secondo sarα allÆorigine del pi∙ famoso Oratorio del Divino Amor
e, sorto a Roma nel 1517, congregazione mista di laici e di ecclesiastici allo scopo di rinsaldare la fede e la disciplina ecclesiastica e di praticare la caritα verso i sofferenti e i bisognosi; esso sarα allietato dalla personalitα di san Filippo Neri,
il prototipo di una nuova religiositα, destinato per≥ a scomparire assai presto innanzi al clima controriformistico che Ignazio di Loyola e Giampietro Carafa instaureranno un trentennio dopo in Roma. La contemporaneitα del sorgere dellÆOratorio romano c
on il gesto di Lutero fu occasionale, non sostanziale: la Riforma cattolica non era la Controriforma ed essa muoveva parallela alla riforma luterana, espressioni ambedue di quellÆatmosfera di attesa e di speranze riformatrici con le quali si era chiuso i
l secolo 15░. Da un lato cÆera lÆazione ufficiale del papato, dal quinto Concilio del Laterano, aperto da Giulio II e proseguito da Leone X, al \i Consilium de emendanda ecclesia\i0 (1537) della commissione istituita da Paolo III; dallÆaltro lÆopera men
o risonante, pi∙ capillare e pi∙ fruttuosa, del pullulare di nuove congregazioni e nuovi ordini religiosi; nel 1525 Gaetano da Thiene e Giampietro Carafa davano vita ai teatini o chierici regolari della Divina Provvidenza allo scopo di migliorare la cura
delle anime, nel 1528, in seguito allÆopera di Matteo da Bascio, nellÆambito dellÆordine francescano nascevano i cappuccini, nel 1553 era la volta dei barnabiti, seguiti poco dopo dai somaschi e dagli oratoriani.\par
